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Cronaca di Fra Salimbene parmigiano (Complete)

9781465638366
213 pages
Library of Alexandria
Overview
Il decimoterzo secolo che, ricco in Italia del retaggio di S. Tommaso, di S. Bonaventura e di altri sommi maestri, dava Dante al mondo intero, era secolo di grande intellettuale entusiasmo fra noi, sì che ognuno, il quale si avesse da natura sortito fervido lume di mente, era vago di rovistare nel tesoro trasmessogli da' maggiori e di tramandare a' futuri tutto quanto ne ritraeva, insieme co' frutti suoi proprii, a tale che tu, leggendo le scritture di que' dì, ne diresti gli autori presi da una smania, da una febbre di apprendere e d'insegnare. Fra questi ardenti spiriti è certo da noverarsi il frate, di cui pubblichiamo quì l'unico lavoro a nostra certa conoscenza venuto. Nato egli in Parma, surto appena il quinto lustro di quel secolo, da padre che fu crociato, ebbe svegliatissimo ingegno, congiunto ad alto cuore e ribollente animo; basti a darne un sentore la vigoria con cui, giovinetto ancora, tenne fermo contro l'opposizione, che ben può dirsi, più che tenace, soldatesca, del padre alla risoluzione sua di cingere il cordone di S. Francesco. Così deliberato, il narra ei medesimo, nel suo decimoquinto anno vestì, per intercessione di Fra Gherardo Boccabadati, l'abito religioso in Fano all'insaputa di Guido padre suo; venutone questi a conoscenza, dolente che la famiglia sua, detta di Adamo, perdesse così ogni speranza di perpetuazione, giacchè l'altro, maggiore dei due soli maschi avuti, erasi già reso frate, corse all'Imperatore, ed implorò ed ottenne ch'ei s'interponesse presso frate Elia Generale dell'Ordine che fossegli restituito il figlio. Elia rispose che il renderebbe, ove questi aderisse di ritornare al secolo. Volò Guido a Salimbene, lo pregò, scongiurollo, fecegli ampie promesse; invano; vinto dall'ira e quasi fatto demente dal dolore, il maledisse; il giovinetto piegò la fronte pregando Iddio, e stette saldo. Partì il meschino genitore; e Salimbene poi nelle sacre ed umane lettere, nella gentile arte del canto andò liberamente educando e mente ed animo, onde poi salito in alta stima ebbe agio d'intrattenersi con assaissimi de' personaggi più cospicui in lettere, scienze ed armi, gradito sino a' Pontefici ed all'Imperadore medesimo. Giovanil talento indotto avealo a vagheggiar le dottrine di Gioachino; e veramente quella sua fantasia, che il sollevava a straordinarie visioni, parea creata a simili speculazioni; ma più robusto fatto il pensiero, abbandonolle, e ne rise: amante del nuovo e del grazioso, ai fiori della nascente poesia italiana volger volle l'ingegno, e dettò versi in copia, ora perduti. Non pochi paesi viaggiò, notando tutto quel che lesse, vide, udì, e a tutto aggiugnendo le proprie considerazioni; e moltissimo appunto e lesse e vide e udì, vissuto essendo dalla fine del 1221 sin oltre il 1287, e fors'anche fin dopo il 1290: però da questo solo ben potrebbe ognun farsi una sufficiente idea della importanza della presente sua Cronaca, nella quale sono appunto registrate pressochè tutte le impressioni in que' varii modi ricevute ne' suoi più belli anni. Di questa mio primo pensiero era stato di porre qui una specie di rapido compendio; ma poi due considerazioni me ne distolsero: l'una, la qualità del suo latino, che (sebben barbaro, ma pur di elegante barbarie) tanto fluidamente scorre da rendersi di facilissima intelligenza anche a men pratici della favella del Lazio, sì che da quest'ultimo lato ben può paragonarsi al divin libro di quel Tommaso da Kempis, che per ciò appunto non trovò traduttore nell'aureo secolo di nostra favella; l'altra, la persuasione che male avrei potuto rendere l'evidenza del suo dire, la quale dalla mia insufficienza attenuata, n'avrebbe avuti dilavati quei vivi colori con che ne pinge i più importanti avvenimenti, ne porge i tanti ritratti de' suoi contemporanei, cui ti sembra vedere nella sua favella risorgere d'innanzi a te animo e persona.