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L'origine della Famiglia della Proprietà privata e dello Stato in relazione alle ricerche di L. H. Morgan

9781465631725
188 pages
Library of Alexandria
Overview
L'editore della presente traduzione d'uno fra i più notevoli lavori di Federico Engels, l'amico Turati, mi chiede ch'io l'accompagni con una prefazione. Accetto di buon grado l'invito, pur non dissimulandomi il grave cómpito ch'esso m'addossa. Ciò che il libro offre è detto dal titolo, e il nome dell'autore sta a guarentigia che l'argomento è trattato da mano maestra. I pregi di Engels come scrittore sono così universalmente riconosciuti, che è inutile qui noverarli. Anzichè assicurare il lettore ch'egli ha dinanzi il lavoro d'un uomo, il cui sapere era altrettanto vasto quanto era profondo il giudizio e limpido e semplice lo stile, tornerà opportuno esaminare in quale senso questo mirabile studio potrebbe oggi, per avventura, completarsi. Engels, come rileva egli stesso nella prefazione del 1884, nel comporre questo libro adempì un legato impostogli da Carlo Marx. A chi scrive venne fatto di gettare un'occhiata entro la fucina, ov'esso fu elaborato. Sul principio del 1884 io mi trovai per qualche tempo ospite di Engels, appunto allora intento ad una prima revisione accurata delle carte postume di Marx. Fra i manoscritti, che in quell'occasione Engels andava rileggendomi fino a notte inoltrata, eranvi anche i sunti fatti da Marx dell'Ancient Society di Lewis H. Morgan, corredati di sue glosse marginali non di rado stringatissime. Non è intaccare la fama dell'autore del Capitale il soggiungere che le glosse non contenevano nulla di nuovo e che, quanto ai sunti, se essi offrivano la prova più convincente della coscienza portata da quel Grande nei suoi lavori, non erano tuttavia più che marmo greggio, a cui mancava ancora completamente una mano d'artista che desse loro una forma. Marx aveva estratto da Morgan soltanto ciò, ch'eragli sembrato degno di speciale osservazione; la morte gl'impedì d'andare oltre. Il cómpito d'elaborare quei materiali toccò ad Engels, che l'esaurì in un tempo relativamente breve, grazie all'essersi egli stesso dedicato altra volta a ricerche più estese nel campo della storia primitiva dei Germani e dei Celti. Insieme all'intento puramente oggettivo, di far conoscere al mondo socialista e, di rimbalzo almeno, al mondo speciale dei dotti, le scoperte di Morgan relative alla costituzione della gens e alla sua importanza per la scienza storica, fu anche un desiderio più personale, che mosse Engels a comporre questo lavoro: il desiderio di porre sotto miglior luce l'opera, a suo avviso ingiustamente negletta, di Morgan, contribuendo così al riconoscimento dovuto ai meriti dello scrittore americano. Forse Engels esagera alquanto, asserendo che il libro di Morgan fu «sistematicamente sepolto» in Inghilterra (Prefazione del 1891), giacchè il lieve conto che ne fecero gli etnologi inglesi si spiega anche senza l'ipotesi d'una congiura del silenzio, come pure si spiega che il suo editore lo trascurasse, dacchè la stampa specialista l'aveva più criticato che non lodato. È certo nondimeno che i capi delle scuole etnologiche non gli accordarono il posto che gli spetta e che alcuni errori di Morgan nei minuti particolari fecero loro disconoscere il valore delle nuove vedute, ond'egli arricchì la scienza della storia primitiva dei popoli. Perchè ciò si evitasse ci sarebbero voluti uomini immuni dalle prevenzioni ond'erano imbevuti gli etnologi inglesi; uomini insomma che abbracciassero, collo stesso occhio di Morgan, tutta quanta la sociologia. In ogni scienza particolare s'annida la tendenza alla micrologia specialista, la quale, ove trascenda, conduce ad un positivismo o fenomenalismo pedantesco. Dinanzi alla mole del materiale raccolto ed alle innumerevoli sue varietà, la fiducia nelle regole generali svanisce e l'ufficio dell'indagatore sembra esaurirsi nel classificare e coordinare le cose accettate ed i fatti acquisiti.