Storia d'Italia dal 1789 al 1814 (Complete)
9781465685933
213 pages
Library of Alexandria
Overview
Proposito dell'opera. Stato d'Italia nel 1789. Come siano nati gli ordini feudali; poi come moderati. Opinioni ed inclinazioni del secolo in questa materia. Stato della religione; perchè fu soppressa la società dei gesuiti, e quali effetti siano nati da questa soppressione. Lodi di Giuseppe II imperatore d'Alemagna, e riforme fatte da lui. Viaggio di papa Pio VI a Vienna. Buon governo del ducato di Milano sotto il conte di Firmian. Lodi di Leopoldo gran duca di Toscana; sue numerose ed utili riforme; felice condizione del popolo sotto questo principe. Dottrine di Scipione de' Ricci vescovo di Pistoia, e del suo sinodo. Quali effetti partoriscano queste dottrine sulla corte di Roma. Stato del regno di Napoli; amministrazione del marchese Tanucci; opinioni che vi regnavano; riforme eseguite, o sperate. Stato, e parlamento di Sicilia. Stato del ducato di Parma sotto i duchi don Filippo e don Ferdinando: buona amministrazione di Dutillot. Condizioni di Roma e delle romane cose: disegni che vi si facevano: qualità di Pio VI; sua magnificenza; suoi sforzi pel prosciugamento delle paludi Pontine. Stato del Piemonte; qualità di Vittorio Amedeo III re di Sardegna; suoi ordinamenti sui soldati, sull'amministrazione, sulle finanze. Stato della repubblica di Venezia; natura del suo governo, e de' suoi popoli. Condizioni della repubblica di Genova, poi di quelle di Lucca, e di San Marino. Stato del ducato di Modena, e qualità del suo principe, Ercole Rinaldo d'Este. Sunto generale delle opinioni, ch'erano prevalse in Italia nel 1789. Proponendomi io di scrivere la storia delle cose succedute in Italia ai tempi nostri, non so quello che gli uomini della presente età saran per dire di me. Conciossiachè mancati col finire del decimo sesto secolo gli eccellenti storici fiorentini, i quali soli forse fra gli storici di tutti i tempi e di tutte le nazioni scrissero senza studio di parti la verità, i tempi andarono sì fattamente peggiorandosi, e l'adulazione in guisa tale distendendosi, che il volere scrivere la storia con sincerità pare opera piuttosto incredibile, che maravigliosa. E non so perch'io m'oda dire tuttavia, che la storia è il lume del tempo, e che insegna bene il fatto loro ai popoli, ed ai principi: imperciocchè, scritta secondo il costume che prevalse, io non so quale altra cosa ella possa insegnare altrui, fuori che a dir le bugie; e qual buona guida nel malagevole cammino della nostra vita siano queste, ognun sel vede, stantechè i negozi umani con la realtà si governano, non con le chimere. E già i più tra coloro ai quali io appalesai questo mio pensiero, mi dissero apertamente o ch'io non oserei, o ch'io non potrei, od all'ultimo ch'io non dovrei mandarlo ad esecuzione. Pure, pare a me, che se l'adulazione si cerca da una parte, che certamente si cerca, molto ancora più si offra dall'altra, e che più ancora siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello scrivere non pretendo di godermi di quella, cui Benedetto Varchi, o Francesco Guicciardini ottennero dal duca Cosimo, e Niccolò Machiavelli dal pontefice romano, il quale concesse anco un amplissimo privilegio per la stampa delle sue opere, mi confido che comportare mi si possa: salvochè si voglia credere, od almeno dire, ciò che credeva e diceva colui, che ai nostri dì avrebbe voluto spegnere anco il nome della libertà, cioè che tutto il male (così chiamava egli il desiderio mostrato prima dai principi, poscia dai popoli, di un governo più benigno) procedette dal secolo di Leone X.