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Documenti Umani

9781465560469
pages
Library of Alexandria
Overview
Gentilissimo signor Treves, Compiono oramai quasi due anni dacchè Ella, rispondendo all'offerta che io le avevo fatta della mia Sorte, mi disse, con molte lusinghiere espressioni per la mia attitudine al novellare, di non poter pubblicare quei racconti perchè non ne approvava il genere. «Non si descrive—diceva la sua lettera—che quel che vi è di brutto, di marcio, di sensuale nella società. Poi, tutti i personaggi sono antipatici. È possibile che una società sia tutta formata a quel modo? E lo fosse pure, è egli artistico dipingere i quadri tutti di un colore, sopprimere i contrasti di colore, come quelli di passioni, di sentimenti? Il color rosa fu giustamente deriso, ma almeno era allegro; il nero, il tutto nero, ha gli stessi torti, più quello di essere triste… . Racconti simili—soggiungeva—non voglio più pubblicarne. Ho parecchi peccati editoriali sulla coscienza; non intendo aumentarli, diffondendo un genere che io considero assai pernicioso, non solo per il senso morale, ma anche per il buon gusto delle nuove generazioni. Una cucina letteraria composta tutta di droghe non può che rovinarlo.» Quantunque mi rincrescesse di non poter affidare il mio libro ad una Casa come la sua, il rifiuto—Ella già lo prevedeva—non mi distolse dal pubblicarlo. Ma il successo dette ragione a lei. Se Ella ebbe la curiosità di tener dietro ai giornali che parlarono delle mie novelle, potè vedere come la maggior parte di essi non facessero se non delle parafrasi del giudizio che, alla lettura del manoscritto, Ella ne aveva dato. «Uomo avvisato, mezzo salvato,» pareva che Ella avesse voluto dirmi; io non le diedi retta, ed accadde quel che doveva accadere. Mi crederà se io le dico che, prima ancora del giudizio dei critici, prima ancora del Suo ammonimento, io avevo previsto la sorte—senza giuochi di parole—che era riserbata al mio volume? Se avessi potuto farmi illusione, l'esperienza dei miei maestri ed amici mi avrebbe aperto gli occhi. Parlo di Giovanni Verga e di Luigi Capuana, di due scrittori nei quali i critici della Sorte hanno trovato i miei modelli, facendomi con questo il più grande elogio che io potessi ambire. E rimontando ancora più su, al maestro dei maestri, ad Emilio Zola, che cosa non gli era toccato di sentirsi dire? Per poco non lo avevano fatto passare come un bevitore di sangue! Figuriamoci quel che avrebbero detto a me